Un oggetto che rappresenta la natura transitoria del viaggio e del tempo
di Brian McGlynn
questa sezione di The Egg Journal si apre con una definizione e un “pezzo” che rappresenta la natura transitoria dei passaggi del viaggio e del tempo. Bloccati, come siamo ora, in una sorta di limbo, dove la mobilità e la socializzazione sono state radicalmente ridotte, desideriamo viaggiare di nuovo, forse verso lidi lontani. Secondo l’Oxford Dictionary, il termine Wunderkammer significa “camera delle meraviglie” (dal tedesco). Alla fine del XVI secolo, il termine era praticamente sinonimo di Kunstkammer. Tuttavia, era originariamente usato a metà del secolo per descrivere una stanza contenente una collezione privata di rari esemplari di storia naturale come i coralli. Le Wunderkammern erano predecessori dei musei di storia naturale. Nel corso del tempo, il termine è cresciuto fino a comprendere varie altre curiosità e manufatti. Un pezzo emblematico, che credo rappresenti eloquentemente il concetto di Wunderkammer, è la conchiglia. Quale oggetto evoca meglio l’idea di mondi naturali e lidi lontani?
Lei vende conchiglie in riva al mare,
Le conchiglie che vende sono conchiglie, ne sono sicuro.
Quindi se vende conchiglie in riva al mare,
sono sicuro che vende conchiglie in riva al mare.
Si dice che questo scioglilingua (ndr: in italiano il gioco di parole si perde) riguardi una venditrice di conchiglie realmente vissuta di nome Mary Anning (1799-1847). Si manteneva vendendo fossili ai geologi. Questa vecchia canzone mette anche la conchiglia in un contesto storico in cui eravamo ancora viaggiatori ed esploratori.
E dunque, come ha fatto un contenitore da laboratorio d’epoca con un coperchio di vetro smerigliato a finire in Valle d’Itria in Puglia insieme al suo contenuto, una collezione di conchiglie esotiche? Questo assortimento di conchiglie è stato composto nell’arco di una cinquantina d’anni e fa parte di una più ampia collezione di curiosità, manufatti, arte tribale, oggetti e pezzi vari che hanno viaggiato con noi negli anni e che ora hanno trovato la loro casa qui in Puglia. Le conchiglie provengono in particolare dalla costa atlantica dell’Irlanda occidentale; alcune dal Nord Africa e altre dal Sud America e dall’Asia. Una caratteristica curiosa di alcuni gusci è che possono evocare il suono della vastità degli oceani se appoggiate all’orecchio. Una delle nostre qui, in particolare, ha una piccola storia da raccontare.
Era la fine degli anni ottanta ed eravamo diretti alle Seychelles, armati, come molti altri all’epoca, della nostra guida Lonely Planet. Un tempo frequentate dal jet-set, si diceva che le isole fossero anche un rifugio per le spie internazionali. Una delle isole era stata una colonia di lebbrosi fino al 1965. Era un luogo di una bellezza incontaminata con spiagge di sabbia bianca fine e acque turchesi cristalline.
Avevamo prenotato la stanza in più in una casa privata, situata vicino a Grand’Anse sull’isola principale di Mahé. Una sorta di Airbnb ante litteram. Abbiamo lasciato le valigie, abbiamo fatto una bella passeggiata di mezz’ora attraverso la giungla lussureggiante fino al villaggio locale e abbiamo cenato presto.
Sulla via del ritorno, ci siamo fermati davanti a una baracca, un bar poco illuminato, che sembrava essere la discoteca locale; era sabato sera. Anche se stanchi e un po’ timorosi, abbiamo deciso di esplorare e siamo entrati con nonchalance nella sala da ballo scarsamente illuminata, rendendoci subito conto che eravamo gli unici non del luogo. Le coppie ballavano la vecchia musica giamaicana Ska e Rock Steady, mentre altri giovani facevano tappezzeria sorseggiando Guinness.
Dopo un ballo e una birra, abbiamo fatto una breve chiacchierata in patois locale con una coppia del posto. Sebbene fosse una festa piacevole, si stava facendo tardi e fummo costretti a tornare a piedi a casa.
Il sentiero era fiancheggiato da alte palme e da una vegetazione lussureggiante, di tanto in tanto potevamo intravedere il cielo pieno di stelle dal buio della foresta. A un tratto i cani cominciarono ad abbaiare e a muoversi nell’oscurità. Siamo rimasti pietrificati nella notte nera come la pece, incapaci di discernere né le dimensioni né le intenzioni delle bestie. Nessuna torcia e nessun cellulare. Man mano che si avvicinavano, l’abbaiare si è trasformato in ringhi minacciosi e poi abbiamo sentito l’alito caldo degli animali inumidire le nostre gambe nude. Terrorizzati, siamo tornati frettolosamente indietro lungo il sentiero nell’oscurità con il cuore in gola e i nostri feroci compagni che ci seguivano. Ci sentimmo sollevati nello scoprire che avvicinandoci alla casa illuminata i cani ora scodinzolavano.
Ci siamo addormentati e il giorno seguente abbiamo preso un autobus diretto all’aeroporto per volare verso Pralin; da lì abbiamo pianificato di visitare in barca l’isola di La Digue. I nostri biglietti aerei erano minuscoli libretti, e presto abbiamo visto quanto questi fossero commisurati alle dimensioni dell’aeroporto. Era una semplice baracca con un paio di panchine adibita a sala sia partenze sia arrivi. L’aereo, un bi-propulsore a doppia elica da dieci posti, sembrava essere stato fatto su misura, una miniatura adatta a questo volo di venti minuti di Air Seychelles.
Dopo un decollo tardivo, abbiamo navigato a bassa quota girando attorno a gigantesche nuvole cumulonembi che creavano sfumature mobili sul verde intenso della giungla e sulle acque blu cristalline sottostanti. All’atterraggio abbiamo preso un taxi per la spiaggia di Anse Lazio, con le sue rocce di granito e la sua sabbia fine. Sulla strada verso sud passammo la Vallé de Mai, di Praslin, recentemente dichiarata patrimonio mondiale dell’UNESCO, con la sua foresta di palme, dove cresce il famoso coco de mer. Il giorno dopo tornammo a Mahé dove avevamo prenotato una stanza in una vecchia casa di una piantagione. L’edificio in legno a due piani era stato costruito a metà del diciannovesimo secolo con bellissimi legni duri tropicali usati per i lucidi pavimenti a doghe larghe. Le camere al piano superiore davano su una veranda che circondava l’intero edificio. Porte a spinta da saloon conducevano nei vari locali dall’ampio terrazzo esterno. La brezza marina era accompagnata da vecchi ventilatori a soffitto d’epoca che assicuravano una piacevole frescura dal caldo tropicale. Il posto era perfetto. Nel tardo pomeriggio, siamo scesi al bar del piano terra per unirci agli altri ospiti, alcuni dei quali scoprimmo vivevano nella casa per mesi interi. Saremmo stati felici di rimanere in questo paradiso con il suo piano bar, la Guinness alla spina e i viaggiatori esperti del mondo, ma il nostro budget era ormai sforato. Il giorno seguente, abbiamo trovato un volo per Mauritius. Dopo esserci sistemati, siamo andati in spiaggia per rilassarci. Qui, un adolescente locale si avvicinò a noi con un lenzuolo avvolto in un fagotto sulla spalla. Si è seduto sulla sabbia calda e si è rivolto a noi, in un inglese stentato, chiedendoci da dove venivamo, dove stavamo, se eravamo sposati o avevamo figli. Noi di rimando gli domandammo cosa avesse avvolto nel lenzuolo e lui lo aprì con noncuranza per rivelare una serie di conchiglie dalle forme e dai colori meravigliosi. Disposte in file ordinate le conchiglie, ci spiegò che provenivano tutte dall’Oceano Indiano e che alcune erano relativamente rare. Ci disse che le vendeva per mantenere la sua famiglia. Gli chiedemmo il prezzo e lui rispose che gli esemplari più preziosi potevano arrivare fino a cento dollari. Non era interessato a quotare in rupie mauriziane. Della selezione, una piccola conchiglia conica e splendidamente iridescente attirò la nostra attenzione. Il giovane ci chiese la somma esorbitante di trenta dollari, dicendo che questa particolare conchiglia era un pezzo rarissimo. Alla fine ci siamo accordati per venti dollari, felici di aver fatto un affare e di aver contribuito alla causa. Tornati all’hotel, passammo attraverso il negozio nella hall. Sugli scaffali c’era una grande varietà di conchiglie… ed eccole lì: un cesto pieno di piccoli esemplare conici iridescenti a cinque dollari l’uno! Mi sono sentito il classico turista sprovveduto. Un cartellino informava che si trattava di conchiglie di lumaca Calliostoma, derivante dalle parole greche kalos (bello) e stoma (bocca). Ed eccomi qui, uno straniero ingenuo, ingannato da una bocca bella e furba.
Brian McGlynn
Nato a Kildare in Irlanda, si trasferisce ben presto in Inghilterra dove studia economia e sociologia. In seguito si sposta a Bruxelles dove lavora alla Comunità Europea. Dopo dieci anni è a Parigi per frequentare l’INSEAD di Fontainebleau. La sua carriera di manager procede negli Stati Uniti e poi a Milano, dove lavora nel campo del marketing strategico. Ex- amministratore delegato e presidente di varie società internazionali di prima grandezza, In Italia si è anche occupato del rilancio di alcune importanti aziende. Scrittore e viaggiatore seriale è anche un appassionato di arte e design. Attualmente vive e lavora come consulente di sviluppo aziendale per varie startup, tra Milano e Ostuni, nel cuore della Valle D’Itria.