Fuori dal forno

di Mathilde Bretillot e Jill Silverman Van Coenegrachts

Ho visitato la Puglia per la prima volta quindici anni fa. È stato un viaggio fantastico. Quando ripenso a quei giorni, quello che mi colpiva erano le lunghe, lunghissime strade mentre attraversavamo questo vasto territorio, fermandoci molto spesso in paesi così diversi dalla Francia; ognuno era come un vero e proprio paese a sé, perfettamente organizzato. Eravamo così ingenui da viaggiare nell’ora peggiore, definita in dialetto ‘controra’, come ho appreso in seguito da Pierangelo Caramia che mi ha mostrato la Puglia più autentica. Grazie a lui abbiamo incontrato persone che provenivano da ambienti molto diversi, artigiani, professori, intellettuali o persone coinvolte con scuole di design, accademie e studenti del Politecnico di Bari. Ognuno di loro è diventato in qualche modo un membro della nostra famiglia pugliese. Tutti questi raduni cominciavano o finivano sempre intorno al cibo e al vino. Sono elementi imprescindibili ovunque; se le persone vogliono parlare e impegnarsi profondamente su un argomento, non possono mancare cibo e ospitalità.

JILL SILVERMAN VAN COENEGRACHTS 

Io invece sono arrivata in Puglia molto più tardi e il mio ricordo più vivido ha a che fare con l’intensità della luce solare e il caldo. Anche in inverno la luce era ancora estremamente intensa e si rifletteva luccicando su questo terreno molto scuro e su filari e filari di ulivi. Tutti questi alberi erano come una scultura minimalista: la terra rossa, i tronchi nodosi, le foglie argentate e verdi che scintillavano al sole… era un paesaggio molto più estetico di quanto mi aspettassi. Sebbene essenziale, era in qualche modo incredibilmente emozionante.

Sembrava un ambiente preistorico, in una terra dove la civiltà è stata portata da greci, romani, etruschi e altri popoli precedenti. C’è qualcosa di pesante nella storia di questo territorio. Tuttavia è difficile da identificare… era un campo vibrazionale ricco di natura e di cultura. Questo tipo di geografia che andava su e giù da un mare all’altro, con questo suolo vibrante, era sorprendente per me, diverso da qualsiasi cosa avessi mai visto prima.

Molti anni prima ero stata in Calabria per lavorare a un progetto di scultura con Anthony Gormley e qui era molto diverso. Il paesaggio pugliese aveva un fascino e un vuoto senza insegne, senza pubblicità, senza illuminazione; era molto crudo nella sua natura elementare. Mi ricordava gli Stati Uniti, il Texas, l’Arizona, il New Mexico. Ci si trovava davvero in un luogo dove il paesaggio stesso era protagonista. Mi sono sentita minuscola in confronto ad esso. Quando abbiamo iniziato a lavorare tu, Mathilde, eri già immersa nel progetto IDE (International Design Expeditions) ed è stato straordinario vedere come i designer stavano reagendo all’ambiente pugliese. Questo ci porta a un altro argomento: il carattere essenziale del luogo che ha forgiato le persone fantastiche con le quali i designer hanno collaborato.

Il rapporto di lavoro molto spontaneo tra tutti i soggetti coinvolti nella Spedizione ha creato un’energia che era allo stesso tempo veloce e lenta, calda e fredda, frustrante e piacevole, felice e triste. Sebbene il paesaggio sia così monodimensionale dal punto di vista visivo, tutti coloro che abbiamo incontrato erano multidimensionali. Devo dire che l’esperienza di lavorare lì e l’opportunità di collaborare con elementi così straordinari è ciò che penso possa attirare altri in Puglia. Questa regione italiana in cui abbiamo operato è diversa da qualunque altro luogo e il risultato di ciò si manifesta nei prototipi stessi che abbiamo realizzato lì. Si sente questa tensione, questa gioia e serietà di intenti; in quegli oggetti c’è tutto.

MB

Ora vorrei parlare degli aspetti della drammaturgia. Ricordo che quando il progetto della Spedizione era ancora allo stato embrionale, abbiamo avuto molti incontri con Pierangelo a La Forcatella, un ristorante sul mare. Abbiamo iniziato a pensare all’IDE, a cosa doveva essere, a cosa poteva essere. Abbiamo ricordato i nostri anni a Milano alla fine degli anni ’80, dove lavoravamo entrambi: non insieme, ma nello stesso contesto, il che significa che Milano era il posto dove tutti convergevano dal resto d’Europa. Stava nascendo anche Memphis ed era un periodo molto diverso per il design. Prima di tutto, c’erano meno designer in giro e la maggior parte di loro in Italia avevano una formazione da architetti; avevano un forte senso del perché si fanno le cose e di come farle per rendere il mondo un posto migliore. Sono convinta che il design possa avere molte definizioni perché, essenzialmente, è legato a un contesto e, naturalmente, a qualche visione e sogno.

Parlando di sogni, abbiamo avuto questa idea di organizzare una spedizione internazionale di design in Puglia. È iniziato come un abbozzo di progetto. Perché in Puglia? Grazie a Pierangelo, che ha sentito parlare di IDE e se ne è innamorato subito. Ha portato avanti il ​​concetto di arcaismo, come è e come l’arcaismo sia il modo migliore per trovare le radici per l’ispirazione e l’innovazione.

Certo, ora ci rendiamo conto che siamo stati precursori dell’idea che occorre cercare qualcosa di profondamente radicato nell’umanità, per trovare l’energia, la creatività e la volontà di fare il passo successivo. Poi abbiamo dedicato molto tempo all’organizzazione, il che significava incontrare e convincere le persone. Sapevamo che saremmo tornati con designer internazionali che non conoscevano nulla di questa regione. Li avremmo collegati in qualche modo con il territorio, con le persone che avevamo incontrato, con tutti i loro modi di pensare, fare e concettualizzare allo scopo di creare insieme degli oggetti.

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Tornando a Pierangelo e all’arcaismo e al fatto che voi due siete stati a Milano negli anni ’80, periodo di sperimentazione, è fondamentale ricordare che una prospettiva teorica sul design era allora radicata nella società nel suo complesso. Quando Pierangelo iniziò a parlare di arcaismo, fece più volte riferimento al filosofo Giorgio Agamben, che teorizza spesso il rapporto tra attività contemporanee e arcaismo. L’arcaico ha radici profonde nella condizione e nell’esperienza umana, ed è fuori dal tempo.

Penso che ci sia qualcosa nel ricontestualizzare l’arcaismo che è ciò di cui parlavamo in tutte le nostre conversazioni prima della Spedizione stessa, cercando di trovare una piattaforma più ampia, per un’idea del perché l’arcaismo potrebbe essere un elemento cardine di un quadro più ampio di sperimentazione e produzione.

L’elemento dimenticato ha a che fare con la specificità e una profonda passione interiore che certe persone hanno in certi luoghi perché legate in modo fondamentale a un determinato terroir. Questa tensione tra globale e locale, tra passato e presente, era qualcosa con cui stavamo giocando come modus operandi. Consentire la fertilizzazione incrociata che sarebbe venuta con l’essere effettivamente in situ era l’idea seminale della Spedizione.

L’idea, apparentemente caotica, che uno straniero possa incontrare artigiani locali che hanno talento e una grande storia nel fare qualcosa in modo preciso perché i loro padri, nonni e bisnonni lavoravano un certo materiale o utilizzavano una certa tecnica ha portato a un risultato eccezionale.

Non è stato certamente facile, ma è stata una straordinaria occasione per una profonda sperimentazione e interazione umana.

Si trattava di persone che si riunivano e dialogavano senza parlare la stessa lingua, ma interessate allo stesso materiale, e questa commistione ha consentito di progettare e creare in modi inaspettati. Penso che la Puglia sia questo: follia, capacità di improvvisazione, libertà.

MB

Voglio menzionare anche quanto sono rimasta colpita dalle pareti a calce, che sono così bianche e morbide da sembrare disegnate a mano, decisamente non industriali. In opposizione, l’energia proveniente dai colori brillanti della ceramica, che catturano la luce delle pareti bianco gesso, ha reso il mio progetto di ceramica pugliese un’esperienza potente.

Ma parliamo dei designer e degli studenti, visto che abbiamo fatto un workshop con Annalisa Di Roma e Lorenzo Netti, docenti al DICAR del Politecnico di Bari. Abbiamo lavorato con la pasta di pane e l’argilla, elementi molto diversi ma in qualche modo simili. Entrambi si manipolano per creare forme simili che vanno in forno, e anche questo è un modo molto ancestrale di vedere le cose.

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La gente per nutrirsi prendeva il grano, macinava la farina, la mescolava con l’acqua e la stendeva per fare la pasta e il pane; c’era poi bisogno di contenitori nei quali mangiare. Unendo terra con acqua, quindi, si ricavavano forme per cucinare. Un forno preparava quello che mangiavano, l’altro quello nel quale mangiavano. In ambedue i casi si cuoceva.

MB

È stato bello vedere come una cosa tira l’altra: siamo partiti dal DICAR del Politecnico di Bari per poi finire ai Giardini di Pomona con Paolo Belloni, una delle prime persone che abbiamo incontrato in Puglia. È affascinante vedere cosa ha realizzato Paolo, come ne parla, come coltiva le sue seicento varietà di fichi e irriga il terreno solitamente asciutto: ha creato un luogo straordinario. Ma non appena ci si concentra su quel luogo, si apre davanti a noi un mondo completamente nuovo, che è l’idea alla base di IDE. Se ti concentri su un posto, troverai una porta che si apre su un altro, e un altro ancora, il viaggio è infinito, un mondo senza fine. Alcuni dicono che il cielo è il nostro limite, ma se vai in profondità nei luoghi e nelle storie e incontri persone e fai cose con esse, non c’è limite.

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Stranamente, questo aspetto ha un che di medievale: si passa dai Giardini di Pomona, con la più vasta collezione di fichi al mondo, come un giardino botanico dell’Eden, ai viticultori e ai produttori di olio d’oliva, come in un arazzo medievale. Quello che incanta della Puglia, quando ci si trova lì, è che ci si sente in un fuso orario diverso; anche se non si è al di fuori del mainstream del mondo. Tuttavia, si è in un territorio in cui i valori, il contatto umano e la condivisione delle informazioni da una persona all’altra sono più importanti di qualsiasi altra cosa stia accadendo altrove. Il confronto è diretto, molto sincero e cordiale e ciò rende molto difficile lasciare questo luogo e quando succede, non vedi l’ora di tornare; ha qualcosa che altri siti non hanno grazie a questa combinazione di geografia e vissuto territoriale, al sole e all’acqua su entrambi i lati. C’è tanta gioia, un senso di collaborazione e fraternità. I pugliesi sono calorosi e accoglienti con le persone di fuori, cosa che non sempre accade altrove.

MB

Siamo così fortunate ad aver incontrato Antonio, Carmelo e Mimmo Vestita, tre fratelli che vivono e lavorano insieme in un laboratorio pieno di cose: i loro cuori sono vasti e le loro anime uniche. È oltre il savoir-faire, il motivo per cui fanno quello che fanno. Hanno il potere nelle loro mani, sono legati alla storia, la loro conoscenza di cosa sia una forma realizzata ad arte è assolutamente incredibile, sbalorditiva.

Abbiamo anche incontrato Franco Fasano, di Fasano Ceramiche, un tipo diverso. Non è stato coinvolto personalmente nel progetto come lo erano i Vestita ma ci ha comunque aperto la sua fabbrica, lasciandoci liberi di lavorare lì, il che era fantastico.

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Dovremmo parlare di Pietro D’Amico, del Frantolio, e di Armando Balestrazzi, della Masseria Il Frantoio, i nostri fedeli partner che ci hanno accompagnato in questo viaggio. Una cosa è avere un’idea, un’altra è avere vicino persone che dicono di sì, disposte a costruire qualcosa insieme.

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E poi ci sono le luminarie, queste belle lucine colorate che fanno da cornice a ogni fiera di paese. Si passa dal prendere dell’ottimo pane, focaccia e olio d’oliva deliziosi, ed ecco che si fa festa con del cibo fantastico in una mise en scène magnifica. È l’ospitalità al suo meglio, mai sopra le righe, un lusso che ti tocca il cuore più che il portafoglio. È come una vita da sogno, dove tutto è buono. La gente è bella, la luce, il sole, l’acqua, le materie prime sono perfette, nessuno le ha manipolate. Procedono al passo con la vita stessa. Eppure ogni giorno è straordinario, ben lontano dal banale.

Ma parliamo dell’esperienza dei designer che abbiamo coinvolto. È vero, non è andata come previsto, avendo avuto pochissimo tempo per sviluppare le idee: un minuto erano nella tua testa e in un attimo dopo erano fuori, nelle mani dell’artigiano. È essenziale creare oggetti: sono segni di civiltà.

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Osservandoli, qui nella mia stanza si percepisce l’impulso, lo slancio. Alcuni giorni sembravano interminabili. Ma quando tutto era finito, guardavi ciò che era stato prodotto e c’era un senso di incredulità. Conservo ancora questo senso di stupore. È come se non riuscissi a capire in che modo siano venuti al mondo così belli; sono così pieni di energia e di gioia, di eleganza e di terra. La Puglia ha un lato ruvido; in un certo senso è molto rude. Non è stata eccessivamente imborghesita come altre parti del mondo. Ha ancora una durezza in certi aspetti, che le conferisce una bella tensione ed eccitazione e una qualità incomparabile. Ma gli oggetti creati con questa spedizione di due mesi sono contemporaneamente vecchi e giovani, ed è come guardare qualcosa che è allo stesso tempo familiare ed estraneo. Sono permeati di questo unico, nuovo linguaggio visivo. Qualcosa di simile a una vivida musicalità si percepisce in ogni piatto, ciotola e caraffa, un’energia fresca, solare e ricca di colori… sembrano danzare sul tavolo. 

MB

È come avere la Puglia in casa con questi oggetti.

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Hanno una vera personalità nel colore e nella forma. Sembra che urlino: SIAMO MADE IN PUGLIA, SIAMO PUGLIESI!

Mathilde Bretillot 

Presidente dell’IDE, International Design Expeditions, AISBL, è una celebre designer internazionale che vive e lavora a Parigi. È nota per le sue opere d’autore, siano esse stravaganti rivisitazioni del lusso tradizionale per Christofle, DAUM, la Manufacture de Sèvres e Boffi o progetti globali in Europa e Asia per ristoranti, cinema, appartamenti, case e uffici. Il suo design, di una semplicità iconica abbinata spesso al colore e a una superficie a specchio, è sinonimo di joie de vivre, adatto a tutte le età e a tutti i luoghi. Dall’architettura d’interni allo sviluppo di prodotti, le sue creazioni sono ampiamente presenti in Francia e fanno parte delle collezioni di una serie di marchi in tutto il mondo. Bretillot ha lavorato a Milano e a Londra riprendendo la sperimentazione e gli interessi sociali di Memphis to Solid, Michele de Lucchi, Martine Bedin, Ross Lovegrove e Philippe Stark. Questa esperienza internazionale, insieme alla sua passione per i viaggi, è ancora oggi fonte di ispirazione per la sua creatività. Ovunque lavori, Bretillot sperimenta con gli artigiani locali. Ed è proprio dall’aver vissuto e lavorato all’estero, fin da giovane, dalla multiculturalità che scaturisce il suo approccio non convenzionale e talvolta irriverente. Questo rispetto per la storicità, visto al presente, in evoluzione, è essenziale per la capacità di Bretillot di ricontestualizzare il noto in qualcosa di fresco e innovativo. Tale lavoro cerca di stimolare e galvanizzare un savoir faire distinto, per generare domande e far luce su nuovi stili al servizio di un mondo più ampio, dove la bellezza è fondamentale. Bretillot sostiene un approccio multidisciplinare e multiculturale al design, e a questo scopo ha insegnato e diretto importanti programmi educativi in Francia, Belgio, India e Regno Unito. Il suo profondo interesse per i giovani creatori è alimentato da uno scambio costante con gli studenti di design. Attraverso il coordinamento di numerosi workshop ed eventi internazionali, continua a stabilire connessioni tra competenza, artigianato e trasmissione culturale. Nel fondare IDE, Bretillot ha riunito tutti questi elementi e messo il design al centro di un singolare scambio tra i giovani talenti del design e gli artigiani locali e le PMI (ndr: piccole e medie imprese) di tutto il mondo dotate di un prezioso know how. L’incontro di queste due energie creative produce qualcosa di inaspettato ed emozionante, ispirando un nuovo tipo di comunità globale con il design al suo centro. IDE promuove questo nuovo modello di produzione collaborativa e agile in una visione trasformativa della comunità con benefici pratici. Portando nuovi prototipi nel mondo attraverso un modello di vendita al dettaglio nomade, è fonte d’ispirazione per tutti noi.

Jill Silverman van Coenegrachts. 

Dal 2013 è direttrice di JSVC Projects/Londra, di cui è la fondatrice, un’agenzia internazionale che fornisce consulenze ad artisti, designer, collezionisti, musei e gallerie, con sviluppo strategico della carriera, progettazione e produzione di mostre, pubblicazioni, art advisory, vendite e gestione delle collezioni. JSVC è stato un gallerista, scrittrice e storica culturale per oltre tre decenni a New York, Londra e Parigi; ha costruito un’ottima reputazione con artisti, musei e collezioni private gestendo acquisizioni di opere importanti; organizzando e coordinando grandi mostre museali itineranti internazionali. JSVC ha iniziato a metà degli anni ’70 come giornalista culturale per il New York Times, Interview e Art In America, oltre che per pubblicazioni che si occupano di danza, architettura, musica e performance art. Il suo interesse per l’architettura e il design nasce durante la sua collaborazione con lo IAUS (ndr: Institute for Architecture and Urban Studies), un think-tank radicale e un centro di politiche pubbliche fondato da Peter Eisenman e Philip Johnson a New York. La Institute for Architecture and Urban Studies ha tenuto programmi educativi internazionali, mostre, serie di conferenze pubbliche e collaborato a pubblicazioni sull’urbanistica, il design, l’architettura e la teoria; come direttore dei programmi educativi, poi vicedirettore della rivista Oppositions, progettata da Massimo Vignelli, era profondamente coinvolta nell’intersezione tra teoria sociale e architettura. Forse sono stati questi anni formativi a consolidare il suo interesse per il design come strumento sociale di collaborazione creativa, così come lo sono l’architettura e l’urbanistica. Questo periodo formativo allo IAUS sul contenuto e il contesto che governa l’ambiente costruito, ha fortemente influenzato la sua comprensione della cultura e il suo impatto sociale nella società contribuendo allo sviluppo strategico dell’IDE. Il salto dalle arti visive al design è stato fatto con lo sviluppo dell’IDE.

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